Società diagnosi prenatale: si esegue su un campione di sangue della donna
La prematurità rappresenta oggi la causa principale di mortalità e morbilità neonatale e in Italia coinvolge circa l’8% delle gravidanze. Per prevenire tale condizione arriva un nuovo test, eseguito sul sangue, che riesce ad individuare, già dall’inizio della gravidanza, le donne a rischio per porle sotto attenta sorveglianza e opportuno trattamento. Il test sarà presentato a Roma in occasione del convegno Spontaneous Pre-Term Birth, che si svolgerà il 29 settembre organizzato dalla Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno-fetale (Sidip).
“Le cause del parto pretermine sono molteplici – spiega Claudio Giorlandino, direttore generale dell’Italian College of Fetal Maternal Medicine -. In circa la metà dei casi esistono condizioni predisponenti come la gemellarità, le gravidanze ottenute con tecnica di procreazione medicalmente assistita, malformazioni uterine, età materna, infezioni. Nell’altra metà il parto prematuro è un fenomeno del tutto inaspettato e, senza segni premonitori, si partorisce prima della 37sima settimana di gestazione. Il parto precoce espone il bambino a complicanze molto severe sul lato fisico e neurologico che aumentano con il grado di prematurità. Dalla 22/a alla 28/a settimana si possono determinare conseguenze estreme fino alla morte”. Numerosi studi hanno concentrato l’attenzione sulle caratteristiche genetiche all’origine del parto prematuro. Con il nuovo test, spiega l’esperto, “si preleva un piccolo campione di sangue alla gestante o alla donna che vuole accingersi a diventare madre. Su tale campione si procederà allo studio dei polimorfismi genetici oggi ritenuti, dai maggiori studi internazionali, indicativi di una suscettibilità al parto pretermine e alla disposizione costituzionale alla durata della gravidanza”.
In caso di esito positivo sono molti gli strumenti a disposizione: “Disponiamo di un vasto armamentario terapeutico che va dal semplice riposo, alle terapie mediche tocolitiche, utili cioè a rallentare le contrazioni, fino a quelle chirurgiche nelle quali si ritiene necessario cerchiare il collo uterino – prosegue Giorlandino – In questo senso il test è un formidabile strumento di prevenzione e controllo della gravidanza, in grado di prevedere oltre la metà dei parti pretermine e quasi tutti i casi ove non esistono condizioni cliniche di rischio”.
Al riscontro dei dati suddetti (anticorpi positivi, Proteina C ultrasensibile elevata, Interleuchina aumentata) si consiglia caldamente di procedere all’esame del D-Dimero. Questa analisi diviene imperativa se compaiono i primi segni del cosiddetto SOFA score, che si basa sostanzialmente su quattro elementi: lo stato mentale alterato, la frequenza respiratoria aumentata oltre 22 atti respiratori al minuto e il livello della pressione arteriosa sistolica, cioè la massima, inferiore a 100 millimetri di mercurio ed appunto il valore del D-dimero elevato.
Tutta la più recente Letteratura internazionale (ultime settimane) si sta concentrando sulla patogenesi iper-coagulatoria del virus quale causa principale dell’evoluzione sfavorevole della malattia e sull’impiego, il più precocemente possibile, della terapia eparinica. Il dosaggio del D-dimero rappresenta oramai, in ogni paziente portatore ella malattia Covid-19, in ogni centro clinico, il più importante dato di semeiotica laboratoristica per scoprire l’inizio e la progressione della microtrombosi determinata dalla malattia.
Il D-dimero è infatti un frammento proteico della fibrina, derivato dalla sua degradazione e rilevabile nel sangue in caso di fibrinolisi. La sua determinazione trova indicazione clinica nella diagnosi e nel monitoraggio delle sindromi da ipercoaguilazione. Ed in particolare della temibile complicanza del Covid-19: la coagulazione intravascolare disseminata. La misurazione può presentare alta sensibilità ma bassa specificità ed il risiltato deve essere sempre interpretato dal medico curante nell’ambito del quadro generale ai fini dell’introduzione della terapia con eperina.
BIBLIOGRAFIA
Abstract: The potential risk factors of older age, high SOFA score, and d-dimer greater than 1 μg/mL could help clinicians to identify patients with poor prognosis at an early stage.
Authors:Fei Zhou 1 , Ting Yu 2 , Ronghui Du and coll. Clinical Course and Risk Factors for Mortality of Adult Inpatients With COVID-19 in Wuhan, China: A Retrospective Cohort Study; Lancet . 2020 Mar 28;.
Abstract: Anticoagulant therapy mainly with LMWH appears to be associated with better prognosis in severe COVID-19 patients meeting SIC criteria or with markedly elevated D-dimer.
Authors: Ning Tang , Huan Bai , Xing Chen and coll. Anticoagulant Treatment Is Associated With Decreased Mortality in Severe Coronavirus Disease 2019 Patients With Coagulopathy; J Thromb Haemost 2020 Mar 27.
Abstract: Coagulopathy in corona virus infection has been shown to be associated with high mortality with high D-dimers being a particularly important marker for the coagulopathy.1 In the latest paper from the same group, the use of anticoagulant therapy with heparin was shown to decrease mortality as well.
Author: Jecko Thachil.The Versatile Heparin in COVID-19. J Thromb Haemost . 2020 Apr 2.
Abstract: Severe coronavirus disease 2019 (COVID-19) is commonly complicated with coagulopathy, the difference of coagulation features between severe pneumonia induced by SARS-CoV2 and non-SARS-CoV2 has not been analysed (…) The 28-day mortality of heparin users were lower than nonusers In COVID group with D-dimer > 3.0 μg/mL (32.8% vs. 52.4%, P = 0.017)
Authors: Shiyu Yin , Ming Huang, Dengju Li , Ning Tang Difference of Coagulation Features Between Severe Pneumonia Induced by SARS-CoV2 and non-SARS-CoV2 J Thromb Thrombolysis . 2020 Apr 3.